ACERNO
VIA RIMEMBRANZA
MEMORIALE DEDICATO A MAURICE LEE BRITT, MEDAL OF HONOR, E AI SOLDATI AMERICANI CADUTI DURANTE LA BATTAGLIA DI LIBERAZIONE DI ACERNO IL 22 SETTEMBRE 1943
Maurice Lee Britt
Un ragazzo Americano
Una storia di vita di guerra e di valore
Nella storia degli uomini in guerra ci sono giorni in cui il coraggio, la forza e il valore si manifestano insieme nello stesso momento, chiedendo aiuto alla fortuna.
Sono giorni che restano fissi nella memoria di coloro che li hanno vissuti e dei compagni che gli erano accanto, diventando “giorni di gloria”.
Questi giorni riempiono pagine di libri, piene di ricordi di racconti di memorie e di testimonianze. Questi giorni di gloria, attraverso i libri vengono tramandati alle generazioni successive, creando la storia di un popolo, l’unità di una nazione, il suo carattere e quello delle generazioni successive.
Maurice Lee Britt, all’alba del 9 e 10 Novembre del 1943, non sapeva che quelli che si apprestava a vivere erano i suoi giorni di gloria e che le generazioni successive li avrebbero ricordati per sempre.
Questa è la storia di un ragazzo americano, chiamato alle armi durante il Secondo Conflitto Mondiale e che partecipò alla guerra di liberazione in Italia.
L’Associazione della Terza Divisione di fanteria US Army – Italia, lo ricorda con affetto infinito.
Maurice Lee Britt “Footsie”
Compagnia L
3° Battaglione
30th Reggimento di Fanteria
3a Divisione di Fanteria
Maurice Lee Britt, con il soprannome di “Footsie”, nacque il 29 giugno del 1919 a Carlisle, Arkansas.
Figlio di Morris Lee e Virgie Britt, che coltivavano nella zona. Si chiamava Morris come suo padre, ma durante la scuola elementare, un insegnante gli disse che il suo nome era scritto male e cambiò l’ortografia in Maurice.
La sua famiglia si trasferì nella vicina contea di Lonoke quando Maurice era ancora un ragazzo, qui completò il liceo.
Ricevette il soprannome di “Footsie” da adolescente, dopo aver vinto un paio di scarpe in una fiera locale, quando si accorsero che aveva i piedi corrispondenti al nostro numero quarantasette, dimensioni giganti per l’epoca.
Mentre frequentava la scuola a Lonoke, l’abilità fisica di Britt era evidente in ogni sport che praticava. Era anche uno studente eccellente; vinse diversi concorsi per dei saggi e fu lodato per i suoi risultati in latino e inglese. Mentre era un “anziano” alla Lonoke High School, fu eletto presidente di classe e fu anche capitano delle squadre di atletica leggera, calcio e basket. Britt ottenne il titolo accademico Valedictorian quando si laureò il 5 giugno 1937.
Si laureò con lode, nel 1937, nella Lonoke High School e successivamente entrò alla University of Arkansas a Fayetteville, dove ottenne una borsa di studio.
Seguì un “Bachelor of Arts” in giornalismo (un corso di laurea di primo livello) e nel 1941, dopo il diploma, entrò come riservista nell’Esercito con il grado di sottotenente di fanteria seguendo il “Reserve Officers Training Corps” (corso di addestramento per ufficiali della riserva).
Nello stesso periodo entrò come giocatore professionista nel campionato di football americano del 1941, nei Detroit Lions, distinguendosi subito per la sua velocità forza e agilità.
Divenne inoltre membro della confraternita Sigma Chi e direttore sportivo del giornale studentesco, Arkansas Traveller. Sposò Nancy Mitchell di Fort Smith (Sebastian County) l’8 giugno 1941 e il giorno successivo si laureò in giornalismo. A dicembre dello stesso anno, fu richiamato alle armi in servizio attivo, come sottotenente, ed iniziò l’addestramento a Camp Joseph T. Robinson, North Little Rock Arkansas; ma ricevette subito un rinvio per poter completare la stagione nei Detroit Lions. A fine campionato, una volta arruolato, fu assegnato alla Terza Divisione di Fanteria, 30° Reggimento, 3° Battaglione, compagnia L.
L’addestramento iniziale lo ebbe inizialmente a Fort Lewis, Washington; poi Fort Ord, lungo la Baia di Monterey in California, ed infine a Camp Pickett, ad est della città di Blackstone, in Virginia.
All’inizio della sua carriera militare fu schierato con la Terza Divisione nella difesa costiera, sulla costa occidentale degli Stati Uniti, ma gli eventi bellici del 1942 lo chiamarono presto in azione sul teatro di guerra Africano e poi Italiano, con tutta la Terza Divisione di Fanteria.
Il 23 ottobre del 1942 il 30° reggimento di Fanteria e tutta la Terza Divisione furono imbarcati per il Nord Africa, diciassette giorni dopo, l’8 novembre, sbarcarono nel Nord Africa Francese insieme ad altre due divisioni dell’esercito americano, sotto il comando del maggiore generale George S. Patton Jr.
Britt era su quelle navi e sui mezzi da sbarco, era comandante di plotone nella compagnia L dello stesso reggimento; obiettivo, settore blù spiaggia di Fedala.
Sbarcato sulla spiaggia di Fedela, nei pressi di Casablanca nel Marocco Francese, partecipò con Il 30° reggimento di Fanteria assicurando subito il fianco sinistro della Terza Divisione e mettendo a tacere i cannoni di Fort Blondin che stavano sparando sulla forza navale situata al largo della costa marocchina.
Nel frattempo il 7° reggimento di fanteria “Cottonbalers” partì subito all’assalto di Casablanca, insieme con il 15° Reggimento, nel quale si trovava un giovane soldato, Audie Murphy, che diventerà famoso negli anni successivi, finendo la guerra da ufficiale e con il titolo di soldato più decorato della storia degli Stati Uniti d’America.
In due giorni i tre reggimenti di fanteria della Terza Divisione conquistarono il completo controllo del settore di Fedala e di Casablanca.
Britt si distinse per l’attacco al castello, dalle cui mura l’artiglieria batteva l’intera spiaggia e le navi durante le operazioni di sbarco; stava nascendo lo spirito di un condottiero e di un eroe.
Nel gennaio del 1943, il 3° Battaglione del 30° rgt. fanteria fu assegnato alla guardia personale di Sir Winston Churchill e del presidente Franklin D. Roosevelt, durante la Conferenza di Casablanca. Al termine della Campagna del Nord Africa, la Terza Divisione ebbe un periodo di addestramento a Biserta, in Tunisia, in preparazione dell’invasione della Sicilia.
Lo sbarco in Sicilia
Il secondo per Britt lo vide di nuovo protagonista, era il 10 luglio del 1943, quando sbarcarono nel punto definito “blue beach” nella zona di Licata, con il 3° e 7° Battaglione del 30°rgt di fanteria.
Britt, nei giorni successivi lo sbarco, si distinse effettuando una delle marce a piedi più lunghe della storia militare moderna, guidando i suoi uomini per 54 miglia (87 chilometri) in sole 33 ore, senza acqua né cibo, attraversando di luglio la Sicilia interna, con temperature superiori ai quaranta gradi, partendo da Gela fino a Palermo.
La città fu liberata il 22 luglio e Britt partecipò per primo, con i suoi uomini, al combattimento per la liberazione della città ed in seguito continuò nella grande marcia arrivando fino a Messina.
Liberata la Sicilia le forze alleate si organizzarono per l’invasione della penisola Italiana con una serie di sbarchi divisi tra truppe Americane e Inglesi.
Le truppe americane, il 18 settembre del 1943, sbarcarono a sud del fiume Sele a Battipaglia, Britt era in uno dei mezzo da sbarco.
Quello che ripeteva nei suoi pensieri e nelle sue preghiere era di avere un po’ di fortuna per questo terzo sbarco dall’inizio del suo servizio militare, questa volta nell’ambito della grande operazione Avalanche, lo sbarco di Salerno.
Britt, nei combattimenti dei giorni successivi, prese il comando della Compagnia L quando il suo comandante fu ferito ed evacuato sulle navi per essere curato.
Il 22 settembre era in testa al 30° Rgt. di Fanteria all’assalto di Acerno, a dieci miglia da Salerno, vedendo una situazione critica per la sua compagnia e per quelle vicine, decise di individuare e distruggere una postazione di mitragliatrici nemica che falciava da posizione sicura i soldati americani in avanzata.
Alla fine la trovò, posta in un boschetto di castagni ad ovest della città; prese una granata da fucile e strisciò in campo aperto, noncurante del rischio, per oltre 50 mt, prima di raggiungere una posizione utile per il tiro e distruggere la postazione, cosa che fece con l’unico tiro possibile.
Con questa azione ricevette una “Silver Star Medal” la terza più alta decorazione al valore militare che possa essere conferita ad un soldato dalle forze armate statunitensi, per “atto d’eroismo in azione contro un nemico degli Stati Uniti d’America”.
Lo stesso giorno, qualche ora più tardi, un colpo di mortaio caduto vicino a lui gli colpì il braccio con un shrapnel (scheggia), “regalandogli” in questo modo la prima delle sue quattro “Purple Hearts” (una decorazione delle forze armate statunitensi assegnata in nome del Presidente a coloro che sono stati feriti o uccisi mentre servivano nelle forze armate a partire dal 5 aprile 1917, giornata che segnò l’ingresso degli USA nella prima guerra mondiale).
All’inizio di ottobre del 1943, tutta l’Italia meridionale era nelle mani degli Alleati, gli eserciti erano di fronte alla linea del Volturno.
Questa era la prima di una serie di linee difensive preparate dai tedeschi e che attraversavano l’Italia da est a ovest e da cui i tedeschi avevano scelto di combattere per ritardare l’avanzata alleata.
Questa strategia costringeva gli alleati ad avanzare e combattere in terreni impervi e conquistarli metro dopo metro; dando ai difensori il tempo per completare la preparazione di altre linee difensive, come la Bernhard Line e la Gustav Line, una delle loro linee difensive più forti a sud di Roma, che impegnò gli alleati per quasi sei mesi.
Il 29 ottobre, dopo aver attraversato il Volturno, Britt era in prima linea con i suoi ragazzi nella zona di Pietravairano durante l’attacco a monte San Nicola. Il suo compito era di organizzare un fuoco di copertura per permettere ad una compagnia del 30° reggimento di conquistare la vetta.
Nello stesso attacco a Pietravairano, il giorno precedente, Arlo L. Olson, ufficiale del 15° Reggimento della Terza Divisione di fanteria, meritò la Medal of Honor, per le sue azioni durante i combattimenti.
Nelle fasi iniziali del combattimento del 29 ottobre un soldato di Britt fu colpito da un cecchino e cadde su un terreno ripido in una zona impervia e rocciosa scoperta al tiro nemico; le sue urla fecero capire che non era stato ucciso ma solo ferito, forse gravemente.
Britt non attese la sera e quindi il buio per inviare i soccorsi, ma si arrampicò lungo la collina, per un terreno scoperto e facile bersaglio per i cecchini, fino a raggiungere il soldato ferito, che fu preso in spalla e portato di nuovo a valle, verso le sue linee ed i primi soccorsi.
Per le azioni a Pietravairano del 29 ottobre, ricevette la “Bronze Star Medal” (medaglia della stella di bronzo) con la “V” in bronzo posta sul nastrino a indicare il “Valore” delle azioni condotte in quei giorni.
I giorni che seguirono, nel mese di novembre, videro l’intera Terza Divisione di Fanteria, incaricata di liberare le città lungo l’asse della Highway Six (la S.S. Casilina) e successivamente raggiungere e conquistare le tre montagne che dominavano la valle a nord del villaggio di Mignano e che costituivano un ostacolo per le forze corazzate per proseguire la marcia su Roma.
Erano la collina di Monterotondo sulla destra della Highway Six; di Montelungo sulla sinistra e di Monte la Defenza sempre sulla sinistra. Le tre montagne, con la via Casilina nel mezzo rappresentarono un ostacolo per quasi due mesi ed impegnarono migliaia di uomini. Alla fine si contarono oltre 120 medaglie tra le truppe americane e italiane cobelligeranti.
Per l’attacco sarebbero stati utilizzati il 15° reggimento, obiettivo Monterotondo e Montelungo ed il 7° reggimento, obiettivo monte Cesima, al confine con il settore e obiettivo d’attacco Inglese, Monte Camino.
Le pattuglie di esploratori segnalavano diversi campi minati, trappole e postazioni di mitragliatrici su tutte le montagne, difese da unità della 3a divisione Panzergrenadier e della divisione Hermann Göring, ancora efficienti, nonostante le pesanti perdite subite fino a quel momento.
Il generale Truscott, che aveva avuto il comando della 3ª divisione di fanteria dall’aprile del 1943, aveva messo in riserva il 30°rgt. Fanteria, tenendolo pronto per l’assalto decisivo in quella zona quando le difese Tedesche sarebbero state sul punto di crollare.
Ma la situazione tattica venutasi a trovare sul monte Camino, nel settore Inglese, dove la 56a divisione Inglese era bloccata e veniva decimata; portò il generale Inglese McCreery a chiedere a Clark una maggiore pressione per aiutare la 56a divisione.
Il generale Clark acconsentì chiedendo al generale Lucas un maggiore sforzo; quest’ultimo chiese al generale Truscott, comandante delle truppe dell’area definita come “Mignano Gap” (varco di Mignano), di impiegare anche il 30°rgt. fanteria in una manovra avvolgente.
Truscott protestò, vedendo in questo lo spreco di un reggimento, ma obbedì agli ordini inviando il 30°rgt. fanteria. I soldati partirono subito a bordo dei camion verso Presenzano, nei pressi di Rocca Pipirozzi, da qui raggiunsero le zone presidiate dalla 45a Divisione e avanzarono verso ovest lungo la Cannavinelle Hill, un sentiero di montagna scavato per l’occasione da un battaglione di Ranger, per prendere Monterotondo da Est, in una manovra di aggiramento delle postazioni.
Al reggimento, affaticato, bagnato per la pioggia che non terminava mai e infreddolito per le temperature basse del periodo, fu ordinato di conquistare e tenere la strategica posizione di Monterotondo che permetteva ai tedeschi di controllare la strada principale per Roma.
Alla pioggia si unì anche la neve, ed il 30° rgt. fanteria la mattina del 6 novembre attaccò compiendo pochi progressi. Al loro fianco, ad ovest, il 15° rgt fanteria non era riuscito a conquistare la prima vetta di Montelungo, entrambi non avevano raggiunto i loro obiettivi e occorreva un nuovo attacco.
La conquista di Monterotondo avvenne l’8 novembre, in una mattina nebbiosa, dopo due giorni passati sotto la neve senza equipaggiamento invernale e senza cibo, che fu consegnato solo poche ore prima del secondo attacco.
Per quest’azione furono sostenuti da otto battaglioni di artiglieria coordinati tra loro, che fecero fuoco sulle due colline, permettendo al 30° rgt. di rompere la difesa del 3° Panzergrenadier Division e farsi largo lungo la boscaglia, risalendo la collina ripida e fangosa per raggiungere la vetta.
Per la conquista della vetta il 30° reggimento della Terza Divisione ebbe la Presidential Unit Citation, un nastrino blù rettangolare bordato da un cordoncino color oro, una delle più alte onorificenze militari delle forze armate statunitensi, conferita per “atti di straordinario eroismo contro il nemico”.
Anche un battaglione del 15°rgt. fanteria conquistò la prima vetta di Montelungo mentre un secondo si posizionò lungo l’Highway Six tra le colline di Montelungo e Monterotondo per garantire la chiusura di una curva difensiva.
In questa zona la pattuglia di esploratori guidata dal soldato Audie Murphy a seguito di un combattimento con diversi morti e prigionieri Tedeschi, fu costretta a rifugiarsi in una grotta. (lo scontro fu ricordato da A.Murphy nelle sue memorie pubblicate nel libro all’Inferno e ritorno. La grotta è stata ritrovata nella primavera del 2018 ed è attualmente visitabile.)
Lo stesso giorno, l’8 novembre, con l’intenzione di riconquistare la collina, l’8 reggimento della 3a divisione panzer (Panzergrenadier) lanciò diversi attacchi con il secondo battaglione (II/8°) contro alcune compagnie della terza divisione posizionate sulla sommità di Monterotondo.
Lo storico della 3a divisione ci ha descritto i loro attacchi come “non coordinati tra di loro”, questo fatto fu strano per gli americani, abituati all’organizzazione tedesca nella difesa e nell’attacco.
La forza del battaglione tedesco alla fine dei primi attacchi era ridotta a soli trenta uomini tanto da rendere necessario al comando tedesco di riunire il II°btg. (II/8°) al III° btg. (III/8°) posto tra Monterotondo e Montelungo per avere di nuovo una unità efficiente.
Il generale Tedesco Frido Von Senger, comandante dell’intero settore, disperato per gli esiti degli scontri e deciso a riprendere Monterotondo, ordinò al 104° reggimento Panzergrenadier, (III/104°) rimasto di riserva, di riconquistare la vetta di Monterotondo “a tutti i costi”.
Von Senger ordinò inoltre al gruppo di combattimento di Otto Von Corvin di prendere posizione nella zona di San Pietro Infine, la famosa battaglia di San Pietro era all’orizzonte.
Durante la notte del 9 novembre il 104 ° reggimento Panzergrenadier superò l’8° Panzergrenadier alla base della collina di Monterotondo.
Questo battaglione teneva ancora prigionieri gli americani catturati durante gli attacchi del giorno precedente; dalle fonti storiche della divisione, sembra si trattasse di soldati di alcune postazioni di mitragliatrici rimasti tagliati fuori dal contrattacco tedesco.
Il 104°, avendo come ordine di riprendere Monterotondo a tutti i costi, decise che il fine giustificava i mezzi e prese in carico i prigionieri americani informandoli che sarebbero stati posizionati di fronte al battaglione durante l’attacco, utilizzandoli di fatto come scudi umani. Questo stratagemma fu messo in atto fin dalla sera, quando due compagnie del 104° avanzarono nella notte fino alle pendici orientali di Monterotondo portando con sé i prigionieri che sarebbero stati utilizzati il giorno seguente nell’attacco principale.
Il giorno di Britt
E venne il giorno dell’onore, era il 10 novembre del 1943, Monterotondo, a quel punto dei combattimenti, era difeso da tre sottodimensionate compagnie del 3° Btg. del 30° Rgt. della Terza Divisione Americana.
Una delle tre compagnie, la L, quella di Britt, era posizionata in basso e ridotta a soli 55 uomini, dei 200 di cui era composta durante l’operazione Avalanche e doveva controllare e difendere una zona boscosa di circa 550 metri posta sul versante orientale della collina.
Il comandante del battaglione, il tenente colonnello Edgar C. Doleman, ricorda che il sistema difensivo era talmente esteso e presidiato da pochi uomini che era impossibile mantenere un contatto attraverso il bosco ed i pendii, questo era possibile solo con l’utilizzo di pattuglie, esposte al tiro degli assalitori o con l’ascolto dei messaggi gridati tra le varie postazioni, comunicazioni impossibili nelle fasi della battaglia perché coperte dai rumori della battaglia.
Il nemico iniziò ad avanzare verso le postazioni americane costringendo i prigionieri americani a correre di fronte a loro e riuscendo a trovare un varco tra le compagnie K e L che permetteva loro di attaccare al fianco la compagnia L, isolandola dal resto del battaglione.
Il caporale John Syc, ricordando quei giorni disse: “non riuscivamo a vedere i prigionieri americani, ma li sentivamo gridare di non sparare”.
Quando i prigionieri erano ormai a 50 mt e continuavano a gridare “Don’t shoot!” (non sparate!) il comandante della compagnia L, il tenente Britt, gridò ai prigionieri “We’re going to shoot! Fall flat! You won’t be hurt” “stiamo per sparare, gettatevi piatti a terra, non vi farete male!”
Il breve ritardo nell’apertura del fuoco da parte degli americani, per capire la situazione ed avvisare i prigionieri usati come scudi umani, aveva permesso ai Panzergrenadier di cogliere l’opportunità che cercavano: avvicinarsi il più possibile alla compagnia L per ridurre le perdite ed infliggere maggiore danno al nemico.
Con le due parti molto vicine lo scontro sembrava dovesse terminare con un corpo a corpo, tanto che entrambe le fazioni misero la baionetta sui fucili.
I tedeschi impegnati nell’attacco erano più di cento e fu a quel punto che Britt, capendo che la sua compagnia sarebbe stata tagliata fuori dal resto del battaglione e poi annientata, uscì dalla sua buca e iniziò a correre da una postazione all’altra incoraggiando i suoi uomini a tenere duro e sparare per tenere costantemente sotto il tiro le postazioni tedesche, che nel frattempo, avendo capito tutto, avevano iniziato a prendere di mira Britt, non riuscendo a colpirlo data la sua velocità ed i continui cambi di traiettoria; specialità in cui Britt era famoso nei Detroit Lions.
Durante l’azione Britt fu trafitto al costato da un proiettile e ferito altre tre volte da schegge di mortaio, ma nonostante il dolore, il sangue che gli copriva il petto, il viso e le mani, riuscì a lanciare sul nemico trentadue granate a frammentazione, sparare con il suo fucile e tutte le armi che trovava in terra o nelle buche di soldati uccisi fino a consumare un impressionante numero di colpi. Uccise cinque tedeschi e ne ferì molti altri, riuscendo a liberare una parte dei soldati americani prigionieri, facendo a sua volta quattro prigionieri tedeschi.
Fred E. Marshall ricorda che Britt correva da una parte all’altra sparando ad ogni rumore e ad ogni figura in movimento, sparendo nel bosco per poi riapparire una volta finite le munizioni, lo ricorda prendere una carabina M1 da un soldato gravemente ferito e continuare a fare fuoco con quella e lanciare granate nel bosco mentre correva cercando i tedeschi.
Una scena rimase impressa a Marshall, fu quando vide Britt, in mezzo al fuoco tedesco a pochi metri da loro, lanciare granate tutto intorno a lui senza essere colpito dalle stesse schegge; le bombe scoppiavano intorno a lui e lui correva e continuava a lanciarle.
Il sergente James G. Klanes ricorda di averlo visto partire e gettare 10/12 granate contro i tedeschi, che gli sparavano e lanciavano a loro volta granate e vederlo poi tornare riprendere altre granate e ripartire in velocità, per tutto il combattimento.In una delle corse di rientro alle postazioni americane lo videro con il viso il petto e le mani coperte di sangue, per via di tre bombe a mano tedesche lanciate su di lui e che era riuscito a rilanciare indietro facendole scoppiare lontano, ma rimanendo colpito dalle schegge.
Quando l’assalto iniziale stava per vacillare ed il restante della forza tedesca era ancora davanti alle loro posizioni, ma psicologicamente provata per la difesa che stava incontrando; Britt chiamò a raccolta i suoi uomini incitandoli a seguirlo nel bosco per attaccare e ripulire la minaccia.
Il Caporale Eric B. Gibson di Chicago, ed il soldato Schimer di New York lo seguirono; Britt infondeva coraggio, sembrava immortale.
Gibson ricorda che mentre Britt dava le indicazioni per l’azione la borraccia era trafitta da fori di proiettili, la camicia era ricoperta d’acqua, sudore e sangue, il suo porta binocolo era tutto trafitto da schegge e fori di proiettili.
A battaglia ultimata furono contati 14 morti tedeschi su quel lato della montagna, molti di loro uccisi da Britt.
Per tutta la mattina Britt ed i tedeschi nel bosco si scambiarono fuoco da una distanza di 15 metri, sembrava li cercasse tra i rovi per attaccare battaglia.
Alcuni dei superstiti di quello scontro dissero che Britt, quella mattina in quel bosco, era un esercito di un uomo solo.
Le sue azioni incisero in maniera fondamentale sulla ritirata tedesca; probabilmente, se avesse fallito, Monterotondo sarebbe stato riconquistato.
Quando nel pomeriggio arrivarono i rinforzi, Britt tornò ancora nel bosco per cercare e colpire il resto dei tedeschi rimasti. Gibson ricorda ancora che Britt annientò una postazione di mitragliatrici che stava per colpirlo, salvandogli la vita.
Quando i rinforzi arrivarono, dei cinquantacinque uomini iniziali della compagnia L di Britt ne erano rimasti solo quattro; i tedeschi lasciarono sul campo sessantacinque tra morti e feriti.
Dopo il consolidamento delle posizioni, il comandante del battaglione, il Col. Doleman chiese una relazione a Britt e osservandolo sanguinare in quattro diversi punti gli comunicò di farsi vedere subito; ma Britt disse che non era nulla, il colonnello gli dovette ordinare di andare al punto di soccorso.
Arrivato al posto di medicamento Britt disse all’ufficiale medico, il capitano Roy Hanford, “prosegui con le cure degli altri feriti, ho solo un piccolo graffio, quando hai tempo lo guardi”.
Questo graffio, disse poi il capitano medico, era una ferita di 2 cm di larghezza profonda fino al muscolo, senza contare le schegge sul viso e sulle mani lasciate dalle granate tedesche.
Vedere il comportamento di Britt, disse il Capitano medico, era una fonte di forza e ispirazione sia per i feriti che per il personale medico, provato e stanco da quei giorni di combattimento.
Dopo il suo breve passaggio nell’infermeria si sentiva che tutti volevano dare di più a costo di sopportare il dolore, la sua figura infondeva rispetto forza e coraggio.
Quando gli chiese se voleva andare in ospedale Britt rispose “No, Doc, voglio risalire su quella collina ed aiutare i miei ragazzi”. La sua cura fu un po’ di polvere sulfamidica e un bel po’ di bende. Britt in quell’occasione non mostrò un pezzo di bomba a mano incastrato nel muscolo pettorale, lo fece diversi giorni dopo. Uscì dalla tenda e riprese a salire sulla ripidissima collina di Monterotondo.
Il Tenente Britt, alla fine dei combattimenti, ricevette la nomina alla Medal of Honor, la più alta decorazione militare assegnata dal Governo degli Stati Uniti.
Per Britt ci fu anche la promozione a Capitano sul campo di battaglia.
Anzio, 22 Gennaio del 1944
Per Britt questo era il quarto sbarco dall’inizio del servizio militare, la Terza divisione era impegnata nell’Operazione Shingle. Il mezzo da sbarco ondeggiava lento, lo sbarco si annunciava più tranquillo del solito.
Britt, curate le ferite, il 23 Gennaio era in prima linea con la sua compagnia nelle Paludi Pontine, nei pressi di un incrocio stradale in zona Canale Mussolini. L’esperienza maturata nei mesi di combattimento gli fece capire che i tedeschi in quell’incrocio avevano piazzato delle mitragliatrici ben mimetizzate, ma non sapeva dove; era sicuro che avrebbero fatto fuoco quando tutti i suoi e quelli delle altre compagnie sarebbero stati allo scoperto.
Per questo motivo, per riuscire a snidarle, disse ai suoi di tenere gli occhi aperti e vedere da dove partiva il fuoco per indirizzare i colpi di mortaio e di artiglieria e iniziò a correre alla sua maniera esponendosi volutamente al tiro delle mitragliatrici tedesche. Anche qui la sua velocità, il suo coraggio ebbero la meglio.
Le mitragliatrici aprirono il fuoco dichiarando la loro posizione ed i mortai americani le ridussero al silenzio. L’azione di Britt aveva salvato la vita a tanti soldati americani che in segno di rispetto chiamarono e ricordarono quell’incrocio stradale come “Incrocio Britt”.
Il giorno successivo, il 24 Gennaio, il capitano Britt ed il suo amico (Burleigh Packwood), partirono in una missione di ricognizione che aveva lo scopo di osservare una dozzina di carri armati tedeschi in avvicinamento, erano i primi segni del contrattacco Tedesco successivo allo sbarco.
Britt e gli altri ufficiali si posizionarono all’interno di un casale in pietra semidistrutto e lo usarono come posto di osservazione per dirigere il fuoco dell’artiglieria contro i carri in avanzata.
Un carro armato tedesco, avendo capito che all’interno del casale poteva trovarsi un posto di osservazione si avvicinò a circa 300 mt dall’edificio prima di sparare un proiettile perforante che colpendo la casa penetrò per parecchie pareti prima di esplodere nella sala dove era il capitano Britt. L’esplosione gli strappò il braccio fino al gomito, gli fratturò la gamba e tre dita dei piedi. Britt, mentre era seduto in mezzo alle macerie, raccolse il suo braccio mozzato con la mano sinistra e disse: “Ho sempre pensato che sarebbe andata a finire così!” quello era il braccio con il quale teneva il pallone da football.
Le sue azioni del 23 e 24 Gennaio, nella testa di ponte di Anzio, gli valsero il “Distinguished Service Cross”, la seconda più alta decorazione dell’esercito degli Stati Uniti, assegnata per ardimento ed estremo rischio della vita.
Nel febbraio del 1944, Britt fu evacuato per gli Stati Uniti per le cure mediche presso il Lawson General Hospital di Atlanta, la guerra per lui era finita.
Nel suo discorso, il giorno della consegna della Medal of Honor, il capitano Britt accettò la medaglia in nome di tutti i fanti che avevano combattuto e sono morti in Italia e nel Pacifico e per tutti coloro che stavano ancora combattendo.
Durante la convalescenza per le ferite e l’amputazione di parte del braccio, partecipò ad un tour di War Bond per la ricerca di fondi per finanziare lo sforzo bellico. Fu congedato con onore il 27 dicembre 1944 e tornò all’University of Arkansas per studiare e prendere la laurea in legge, mentre la guerra continuava.
Intorno a lui vide fanti come Audie Murphy, Leonard Funk ed altri pluridecorati continuare a raccogliere fondi e raccontare le loro gesta ma Britt non fu più ricordato dalla stampa e dall’esercito.
Britt si stabilì a Fort Smith, dove entrò in un’azienda di produzione di mobili di proprietà della famiglia di sua moglie. Lui e Nancy ebbero tre figli: Andrea, Maurice Jr. e Nancy Lea. Nel 1963 si trasferì a Little Rock e fondò la propria attività di produzione di prodotti in alluminio.
Successivamente divorziò da Nancy ed il suo secondo matrimonio fu con Patricia Allbright Britt il 12 novembre 1966; (è morta il 1 ° dicembre 1993).
Nel 1966, Britt passò dal Partito Democratico al Partito Repubblicano, probabilmente in conflitto con le convinzioni segregazioniste sostenute da alcuni membri del Partito Democratico in quel momento. Ha collaborato con successo per il governatore Winthrop Rockefeller, ed entrambi hanno corteggiato gli elettori neri appena autorizzati al voto. Britt servì due mandati, che terminarono nel 1970. Quando scelse di non candidarsi alla rielezione nel 1970, divenne il responsabile per la fallita campagna elettorale per non aver accettato l’offerta da Rockefeller.
A Britt fu offerto un posto come direttore distrettuale della Small Business Administration dal presidente Nixon nel 1971 e servì in questa funzione fino al 1985. Si candidò per la nomina repubblicana a governatore nel 1986, ma fu sconfitto dall’ex governatore Frank White.
Maurice Britt fu il primo soldato americano ad ottenere tutte e quattro le decorazioni al valore dell’esercito americano durante la Seconda Guerra Mondiale.
Ha raggiunto i suoi fratelli in armi, della compagnia L, il 26 novembre 1995 nel John L. Mc Clellan Memorial Veterans Hospital di Little Rock.
Per cinquantadue anni aveva vissuto con il costante e quotidiano dolore per la perdita del braccio destro, del polmone destro, del busto sfregiato dalle schegge e trapassato da un proiettile e per un pezzo di scheggia conficcato nel piede sinistro. Nell’ottobre del 1995, quando la sua condizione diabetica lo consentì, gli fu rimosso il pezzo di metallo dal piede. Una vasta infezione seguita all’intervento e tre successive operazioni in una settimana per riuscire a fermarla, furono troppe per questo grande soldato, che morì all’età di 76 anni per insufficienza cardiaca.
Durante la cerimonia la bara era aperta, il suo cappotto militare pendeva dalla parte posteriore della sua sedia a dondolo preferita, posta accanto al feretro.
Il suo berretto militare e le sue medaglie erano stati posti su di un tavolo accanto a lui.
Un sergente dell’esercito restò accanto alla bara durante le sei ore in cui Britt fu esposto. La cerimonia si svolse nella Chiesa Battista del Calvario di Little Rock, dove Britt era membro ed andava tutte le domeniche. La sepoltura avvenne presso il Little Rock National Cemetery.
Medagliere personale del Capitano Maurice Lee Britt “Footsie”
1 Medal Of Honor (Medaglia d’onore)
1 Distinguished Service Cross (croce al merito di servizio)
1 Silver Star (Stella d’Argento)
2 Bronze Star (Stella di Bronzo)
4 Purple Hearts (cuore di porpora)
1 Army Commendation Medal (medaglia per atti di valore)
1 Presidential Unit Citation (medaglia per atti di straordinario eroismo contro il nemico)
1 Combat Infantryman Badge (medaglia per tutti i fanti in combattimento dal 6 Gennaio 1941)
1 British Military Cross (croce di guerra Inglese)
1 Medaglia d’oro al valore militare (Onorificenza Italiana)
Onori personali
Arkansas Sports Hall of Fame (1972)
Per onorare e ricordare Maurice Lee Britt “Footsie” che risuoni il silenzio in ognuno di noi e la consapevolezza che la nostra libertà, quando fu in pericolo, fu salvata da questi uomini venuti da lontano e da tanti altri che non riuscirono a compiere il primo sbarco, mettere il primo piede sulla terra da liberare. Uomini di cui la storia non riporta le gesta, ma solo il numero nella conta delle perdite.
Uomini e soldati che non ebbero mai minor valore e coraggio di coloro che oggi ricordiamo, solo meno fortuna.
Ass. Terza Divisione di Fanteria US Army avamposto nr. 16 Italia
Fonte dati:
The Encyclopedia of Arkansas History & Culture
Association of the United States Army
ARMY Magazine, Association of the United States Army, May 2008, “My Favorite Lion, Maurice Britt”, By Lt. Col. Jack Mason, p. 72
Countdown to Cassino: The Battle of Mignano Gap, 1943 – Di Alex Bowlby
Ricerca e testi di Luigi Settimi, Presidente dell’associazione della Terza Divisione di fanteria US Army, Italia.
contenuti a cura di Luigi Settimi, presidente associazione Terza Divisione di fanteria U.S. Army, outpost 16 – Italia
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